Ricordando Maria Schneider

  di Maria Schiavo

 

 

 

L’abolizione della censura cinematografica è sicuramente un avvenimento di grande importanza per la libertà d’espressione artistica. Il ministro della Cultura Dario Franceschini  considera “definitamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentono ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti.”  Ci informa inoltre che è istituita una Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione generale Cinema del ministero della Cultura con il compito di verificarne la corretta classificazione da parte degli operatori.  Quindi non esisterà più il divieto assoluto di uscire in sala o di uscire a condizione di tagli o modifiche.
 
La Commissione è presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato Alessandro Pajno ed è composta da quarantanove componenti scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico, negli aspetti pedagogico-educativi che riguardano la tutela dei minori, e nella comunicazione sociale, oltreché da coloro che vengono designati dalle associazioni dei genitori, dalle associazioni animali.
 
Questo è quanto apprendiamo da “Il fatto quotidiano” ma non sappiamo se e quante donne di comprovata sensibilità, cultura artistica e, si spera, femminista siano presenti in questa Commissione. Sarebbe stato importante fornire più dettagli in tal senso nel momento in cui Enrico Letta, neosegretario del Pd, che è anche il partito del ministro della Cultura Franceschini, si è espresso sulla necessità della presenza femminile nei posti chiave, che non devono essere  solo quelli della politica ma anche quelli che indicano una nuova direzione culturale. Non basta infatti promuovere la libertà d’espressione artistica se  questa espressione artistica non ha, nel suo realizzarsi, per presupposti delle modalità altrettanto libere e rispettose della dignità umana.
 
Come si sa, in passato a causa di vecchie leggi fasciste molti film di genere e di valore diverso sono stati censurati: tutti i film di Pasolini, alcuni di Visconti, di Germi, di Monicelli. Ma ne prenderò in esame solo uno, le cui vicende illustrano bene quanto ho appena detto sulla necessità di uno sguardo femminista sulla libertà d’espressione artistica. “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci uscito nel 1972 e condannato dalla censura dell’epoca ad avere tutte le sue copie distrutte, poi riabilitato nel 1987. La censura di questo film ha infatti una storia diversa e per alcuni aspetti emblematica. Non è stato solo censurato per offesa al pudore a causa della famosa scena di penetrazione anale, ma è stato “maledetto” dalla sua stessa protagonista, partner di Marlon Brando in “Ultimo tango a Parigi, Maria Scheider.

L’idea di girare questa scena, che per motivi fondamentalmente extra artistici ha fatto la fortuna del film, sembra esser venuta proprio a Marlon Brando, che allora era all’apice della fama e aveva 48 anni. Bertolucci, che aveva 31 anni, reduce dal successo del “Conformista”, fu entusiasta di quell’idea, anche se non appariva niente di simile nel contratto firmato da Maria Schneider, che all’epoca aveva appena 19 anni. Con un’interpretazione personalissima e discutibilissima del metodo Stanislavskij, il regista non disse nulla all’attrice della sua volontà di introdurre nel film la scena, perché così -spiegò in seguito- ignara fino al momento di interpretarla, l’avrebbe interpretata come una scena “vera”, tirando fuori da sé ciò che sentiva veramente, le emozioni più profonde... Ed in effetti, presa alla sprovvista e ignorando allora i suoi diritti che le avrebbero consentito di  rifiutarsi di eseguire una scena non prevista dal contratto, Maria Schneider la visse come un vero e proprio stupro, anche se le cose rimasero nei limiti della finzione, nonostante la presenza del burro che alludeva beffardamente a quanto poteva rendere più agevole l’introduzione di un pene.
   
Maria Schneider si era sentita tradita da quello che poteva essere un fratello maggiore, da quello che poteva essere un padre: tutti e due l’avevano sacrificata al dio “capolavoro”. Certo c’erano degli elementi nella sua storia personale che potevano aver aggravato il suo turbamento, la sua reazione. Maria Schneider era figlia dell’attore Daniel Gélin, che non aveva mai voluto riconoscerla, e di un’indossatrice tedesca che le aveva dato il suo nome: abbracciare la carriera artistica era stato un po’ seguire, inseguire il padre, debuttando ad appena 15 anni su un palcoscenico parigino, subito acclamata per lo straordinario talento. Ma ora con “Ultimo tango a Parigi” si ritrovava proiettata nel mondo intero per quella scena che i due uomini le avevano imposto. E questo non poteva sopportarlo. Solo a 50 anni riuscirà ad assolvere “Ultimo tango a Parigi”, otto anni prima della morte, nonostante le ripetute scuse di Brando, di Bertolucci. Di quest’ultimo dirà in un’ occasione pubblica, anni dopo, che non lo conosceva.
   
In realtà, Maria Schneider non poteva perdonare perché, con la complicità della finzione cinematografica, le era stato inflitto un vero e proprio stupro, che nessuna ragione artistica poteva giustificare. Lei si ritrovava ad essere improvvisamente famosa per qualche cosa che aveva vissuto come un’offesa e che era una terribile offesa. Eppure nel mondo patriarcale, che troppo frettolosamente è stato considerato sconfitto, questo comportamento di sopraffazione non ha impedito al film di affermarsi come un capolavoro.
 
Ho voluto ricordare questa attrice perché la sua storia è una storia esemplare in cui la violenza subìta rischia sempre di ritornare nell’ombra dove è stata perpetrata. E quindi riandando alla notizia dell’abolizione di ogni censura siamo certamente d’accordo: nessuna censura alla libertà di espressione artistica, come ribadisce il ministro Dario Franceschini. Ma noi aggiungiamo: attenzione anche alla qualità dei metodi per arrivare ad essa! Tutto ciò che piega un individuo per il raggiungimento di uno scopo che lo schiaccia, anche se considerato nobile in un dato momento, in una determinata società, è da guardare con sospetto e da prendere in esame, perché non c’è modificazione vera dei comportamenti violenti se non vi corrisponde un vero innalzamento della consapevolezza collettiva. Non sempre gli assassini spargono sangue. A volte troncano soltanto un volo.
                  

8  aprile 2021